17 luglio 2011

minimalista a chi?

Lunedì scorso (11 Luglio 2011) sono stato intervistato da Radio Roma Popolare sull'arte minimale (avevano letto il mio articolo di un anno o due fa sull'arte minimale della Panza Collection che scrissi per Gothic Network), e il link col minimalismo era fornito dall'esibizione a Roma di Yann Tiersen, che generalmente è associato con la musica minimale.

A parte il fatto che era la prima volta che venivo intervistato per radio (e sinceramente mi ha fatto un effetto un po' strano, io ho bisogno di vedere l'interlocutore quando ci parlo, specialmente se non lo conosco! il silenzio abissale che circondava le mie parole non è stato molto rassicurante... ma comunque), non sono riuscito esattamente a indirizzare l'intervista come avrei voluto.

in realtà, visto che mi avevano chiesto un'introduzione storico-concettuale alla minimal art, avrei voluto fare un discorso che partiva, come sempre per me, da Duchamp e John Cage, per passare dal Bauhaus, dagli espressionisti astratti, dal suprematismo di Malevitch, da Frank Stella, per introdurre Steve Reich, Roach, Riley, La Monte Young e finire con i Coil di Queens of the Circulating Library! e poi anche le collaborazioni di Sakamoto con Alva Noto e la musica elettronica della Raster-Norton.

io tendo sempre a far iniziare e finire tutto con Duchamp (e altri dadaisti a seconda delle necessità) perché per me quella è la fine di tutta l'arte in senso stretto: Duchamp ha ucciso l'arte e il gesto artistico, e quindi dopo quel niente (un bel recul neantisant alla Sartre) non c'è rimasto proprio nulla da cercare, da trovare, da sperare, da credere e da fare. e infatti pochissimi l'hanno digerita questa pagina di storia, la maggior parte ha fatto finta di nulla ed è andata avanti comunque, creando poi magari delle gran belle opere; ma è come sapere che la vita non ha scopo (in realtà ce l'ha, eccome se ce l'ha, ma è nascosto bene agli occhi dei più), ti rimane un amaro in bocca che fa letteralmente impressione.

il punto comunque sia è che i readymade di Duchamp sono un esempio di minimalismo totale: minimalismo materiale, visto che l'artista non fa niente di concreto; minimalismo concettuale, visto che tutto si riduce ad un solo gesto simbolico (mettere la propria firma su qualcosa di già fatto); minimalismo filosofico, visto che non c'è nessuna ragione per l'aver fatto quel gesto. difficile andare avanti da lì. poi, che alcuni readymades siano semplicemente geniali, è fuori discussione; anche la poesia insita in loro, che spesso passa inosservata, è di sublime gusto (e penso a Pharmacy, a In advance of a broken arm, alla ruota di bicicletta...).

e poi 4'33'' di John Cage! io già m'immagino questo pianista (David Tudor) che entra sul palco, si siede, e chiude il coperchio della tastiera del pianoforte ("tacet"), e sta fermo. ripetere per tre movimenti. il silenzio... più minimalista di così, come si fa? anche da qui, non si può andare avanti molto; si può soltanto, quindi, tornare indietro: anche Satie, con la musique d'ameublement (anni '20) ha qualcosa in più: il concetto di fruizione, anche se in modo diverso da quello dovuto all'intrattenimento. da lì poi nasce tutta l'ambient music. Cage disse a proposito di 4'33'':

They missed the point. There’s no such thing as silence. What they thought was silence, because they didn’t know how to listen, was full of accidental sounds. You could hear the wind stirring outside during the first movement. During the second, raindrops began pattering the roof, and during the third the people themselves made all kinds of interesting sounds as they talked or walked out.

e quindi, da buon seguace Zen, Cage ci ricorda che il punto sta nell'ascoltarsi, nel concedersi un qualche minuto di presenza a se stessi, prima che la coscienza sia di nuovo inghiottita e fatta a brani dagli uncini della società. questo è ottimo minimalismo: il gesto artistico è ridotto davvero all'osso, ma la portata concettuale è forte e filosoficamente inquadrata.

per quel che riguarda il Bauhaus (ma anche per De Stijl), volevo solo ricordare come si ricercasse la purezza del gesto creativo, in termini di colore (Itten), materiali, geometria; la tendenza a semplificare: "less is more", diceva Mies Van Der Rohe. e così ci mettiamo dentro pure l'architettura e il design industriale. quanti di voi hanno una di quelle sedie Wassily di Marcel Breuer? e quanti sanno che le ha disegnate lui? un solo tubo di alluminio piegato a inscriversi in uno spazio cubico. anche questo è minimalismo top class.

e poi, a parte tutti i docenti del primo Bauhaus, vorrei ricordare il mitico quadrato nero di Malevitch: una specie di monolito alla 2001 odissea nello spazio, un buco nero dove tutto confluisce, concettualmente ed emotivamente. dice Blixa Bargeld, in Sabrina:

(Your color) is as black as Malevitch's square
The cold furnace in which we stare
A high pitch on a future scale
It is a starless winternight's tale

It suits you well

It is that black

mi hanno chiesto se gli smart phone sono minimali: immagino vi sarete fatti un'idea di cosa considero io minimale - di sicuro uno smart phone, che addensa tutte le funzioni sociali di una persona in un unico attrezzo tecnologico, sottoponendoci a tutta una serie di sovraccarichi sensoriali e mentali, non può certo essere considerato un "sottrarre", ma solo un "aggiungere": siamo agli antipodi. poi, che il loro design sia spesso pulito e minimale, è un altro discorso.

dal punto di vista musicale, non ho idea di chi in Italia possa definirsi un minimalista. è un po' che ho perso di vista la scena, e me ne scuso con gli ascoltatori dell'intervista. però nella storia della musica, anche se non c'è niente di nuovo dagli anni '70 (che non ho potuto vivere per ragioni anagrafiche, ma che conosco per passione), bisogna dire che i laptop hanno portato una ventata di possibilità nuove nel reame dell'elettronica, e che siamo lontani anni luce, imbrigliati come siamo nel concetto di musica = canzone = intrattenimento, dall'averle esplorate tutte. il glitch, per quanto generalmente ultra noioso, è qualcosa che può inserirsi nell'ambito del minimalismo, con la sua discendenza dall'industrial e con l'utilizzo di ciò che sarebbe considerato un "errore" come materiale sonoro. e poi tutta la drone music.

un sacco di roba, per parlare di minimalismo, vero?

ecco cosa vi siete persi, ascoltatori di Radio Roma Popolare! però io mi sono divertito lo stesso...

edit: e i nothing di Ray Johnson, dove li mettiamo?!